Maria Teresa Martini

Recensioni e critiche

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Nulla, nelle opere di Maria Teresa Martini, sembra vivere un attimo di riposo, un momento di pacificazione: ogni cosa si trova sempre in uno stato di dinamica accelerazione, sotto la spinta dell’ azione gestuale propulsiva di un segno che continua ad alimentare il movimento e i ritmi, talvolta frenetici della sua pittura.

Giorgio Trevisan



Un cubismo rivisitato e addolcito. Questo il motivo conduttore che percorre la pittura di Maria Teresa Martini presente dal 27 maggio allo spazio-mostra di Piazza Arilicense a Peschiera. Un cubismo quasi al femminile che smussa le angolosità troppo impervie ed ingentilisce l’ imperatività dei colori assoluti. Oltre a Questo la Martini inserisce nei tagli prospettici sinuosità inaspettate che ad una prima osservazione sembrano rimandare macerate forme espressioniste. Ne sortiscono tavole intensamente vive dove l’ oggetto considerato perde ogni significato metaforico per testimoniare unicamente la sua realtà di esistere. Una contemplazione sensibile e solare che abbraccia cieli e paesaggi, si sofferma sui fiori prigionieri di un interno, trascorre sui visi di personaggi felliniani che ancora sanno custodire un sogno. Il risultato è quello di una pittura dolcissima anche se i mezzi per ottenerla non sono certo sdolcinati. Anzi , la pennellata è forte, violenta, materica. Disegna sulla tela baleni a scimitarra. Si accompagna ad un colore irrequieto che si articola in nastri e serpentelli, sciarpe ed arcobaleni. Le angolazioni prospettiche spesso azzardate, sostenute però da un intenso senso di costruttività che salva armonia ed equilibrio. I quadri esposti sono commentati da titoli espressi in un linguaggio poetico. Ma se di poesia si può parlare, nell’ opera della Martini, non ha essa certo delle connotazioni auliche. Il lirismo pittorico è qui realistico e sofferto, vissuto in prima persona. Profondo ed in grado di trascendere la concretezza delle cose in una visione serenamente vera.

Vera Meneguzzo



La pittura infatti lavora su se stessa quando la donna fa altrettanto dentro di sé, e l’ operazione pragmatica è insieme operativa e di conoscenza, fruendo momenti medianici e complessi, forse intuiti appena ma spremuti. L’ apparire dell’ inconscio diventa parziale sommovimento, e dai messaggi non intenzionali il quadro ha decisive scosse palmari. Niente fuori del quadro sembra esclamare la pittrice, e i suoi ritratti impropri devono assorbirsi nelle tinte, negli annunci e nelle ritorsioni formali, per una destinazione di poetica completa. Ho cercato di entrare nelle varie dimensioni di questa pittura, avendo sentore che l’ elaborazione mia forse era simile a quella tutta verifiche della Martini. Dunque ho assimilato che il nodo (o il fulcro) rimaneva nell’ operazione di immettere l’ esageratamente grande – il cosmo – nelle dimensioni – piccole – della tela che diventa quadro. Una idea dell’ eterno si fa occasione esistenziale, quindi il sicuro mutante fino a quel momento dell’ incorniciatura. Alle sensazioni della fantasia si uniscono le volontà di ridurre lontananze impossibili, col solo tramite del colore e delle sue combinazioni. Anche lo smisurato è immensamente umano, e senza magari il telescopio, i viaggi interplanetari. Il quadro insinua questa possibilità non solo latente, non solo esageratamente poetica. Ma la poesia stessa e quella della pittura non sono senza confini. Il linguaggio da Leopardi in avanti lo ha capito, e magari con Umberto Saba che interrogava la poesia coi canarini. La pittura ha avuto Wassilj Kandinskj, che magari ha iniziato a rompere le figurazioni dai lampeggiamenti del folclore orientale, prima di arrivare all’ emozione del colore lirico senza altro corroborante della pittura se non la genialità. Ecco altresì la logica – magari ancora nata dall’ irrazionalità – della cura sofisticata della Martini ma non alla forma, casomai alla non-forma e dove il colore viaggia in andata e ritorno con la sua meteora: ora non più sublime, ma dell’ intelligenza espressiva. Sono eleganze inedite, ricche avvenenze cromatiche, intuizioni pittoriche calde e fermentanti. Tutto ciò non vuol dire eleganza di superficie, senza motivazione oltre l’ immediata sensibilità di tocco. Poiché resta determinante la scoperta del colore con i suoi infiniti incontri e abboccamenti. Sì, la pittura vede il suo stanarsi fisico nella altrimenti dirompente novità, notizia dell’ immaginazione che accompagna il dipingere. E’ dentro la donna che la pittura avvia le sue crescite, dal capire e dal dubitare. Individuale e intima sembra l’ operatività, quando invece si dirime e si manifesta in cronaca diretta come un racconto non lineare intanto che accade. Ecco quindi il significato di queste tele, nella loro offerta al dialogo, per comunicare ciò che accade nell’ incontro con il pubblico, ultimo regista che amministra la tensione e la qualità di chi ha lavorato, testimoniando risultati e aperture fertili.

Alessandro Mozzambani

Maria Teresa Martini, l’ artista veronese che ha maturato, con una stupefacente, rapida progressione, una sua personalissima vocazione artistica di grande completezza, compare in questa sua mostra con una vasta gamma di temi pittorici che formano un discorso globale senza pause né cedimenti, perché già esauriente e compiuto in ogni singola tela. Ciò che colpisce in particolar misura, ad una attenta analisi critica, è l’ innata disciplina morfologica che tuttavia non mortifica la freschezza dell ‘ispirazione. Una categoria dello spirito, quindi, una componente espressiva che permette la produzione dell’ opera senza apparente travaglio; un’ opera dove ogni spunto coloristico pare saper trovare con immediatezza il proprio posto sulla tela, danda vita ad una composizione di ammirevole equilibrio. C’è pertanto in prevalenza un discorso artistico espresso per tramite del colore: una gioia di creazione esuberante che gratifica l’ artista e lo spettatore. In tanti modi in tante forme il colore disegna, traccia, sottolinea, vivifica, esprime i sentimenti dell’ animo, in una rigorosa compostezza cromatica che compone, con gli accordi più sorprendenti e a volte apparentemente più liberi, tele di stupefacente contenuto, regalando atmosfere pregnanti, proponendo sentimenti di attesa, offrendo pause di serena, docile riflessione. Una pacata gioia di cose ottenute, vissute e conservate all’ interno dello spirito, per se stessi e per la gioia dello spettatore.

Italo Lucani



La prima sensazione è quella di una pittura energica, oserei dire “virile”, anche per l’ impatto materico, le sciabolate di luce, la gestualità, i colori timbrici. E’ pittura timbrica e non tonale e noi siamo abituati a coniugare al maschile o al femminile la forza cromatica risultante da un’ opera pittorica. Colpisce la forza e l’ immediatezza dell’ esecuzione, entrambe capaci di assecondare la feschezza dell’ ispirazione. La spontaneità e l’ urgenza esecutiva sembrano negare ogni rovello progettuale o quanto meno, nascondere il travaglio del concepimento e la sofferenza della costruzione. Tutte le opere sono sostenute dal colore, le composizioni non nascono da un disegno preparatorio e tuttavia in esse si avverte quel telaio strutturale che porta la pittrice intuitivamente verso obbiettivi di equilibrio complessivo, generale. Alberi paesaggi, nature morte: strutturazioni di vaga rimembranza cubista, dove le forme sono analizzate nelle loro linee di forza, ma non squadernate o lacerate fino all’ estremo limite di riconoscibilità. Sorprendenti accordi cromatici, liberi e acrobatici, tali da mettere i brividi ad ogni morbida tavolozza tonale. Mattere in campo la forza timbrica di tutti i colori disponibili, muoversi su tutta la tastiera cromatica, senza selezionare e senza scartare una sola voce dell’ intera gamma presuppone il valore di un artista. Sorprendente è la capacità cromatica della Martini nel destreggiarsi a tutto campo, uscendo vittoriosa da ogni spericolato duello coloristico; affrontato peraltro non per il piacere di misurarsi con un difficile impegno, ma essenzialmente perché la sensibilità pittarica dell’ artista fa leva proprio sull’ assoluta personale necessità di esprimersi con tutti i mezzi cromatici che, ben accordati, raggiungono un ammirevole livello artistico in ogni opera.

Gianfranco Caffi



“Sempre originale nella ricerca di tematiche nuove, sostenute da una tavolozza ricca e succosa”


Franco Patuzzi